Testo di
Stefano Balestra
Bergamo, 12 maggio 1985, stadio comunale, cielo plumbeo e
piovoso. 81° minuto della partita, l’allenatore dice al suo portiere di
riserva, dai cambiati che tocca a te a posto di Claudio. I protagonisti di
questa scenetta, che una volta capitava di rado, sono, Osvaldo Bagnoli
allenatore, Claudio Garella, “Garellik” e Sergio Spuri, portiere di riserva. La
partita, la 29^ e penultima di campionato è Atalanta – Verona, e non è una partita
qualsiasi, ma sarà destinata a rimanere negli annali del calcio, perché sarà
quella che consacrerà la formazione scaligera campione d’Italia ’84-’85. Un
gesto quello di Bagnoli, che Nando Martellini, uno dei principi dei
telecronisti dell’epoca definì, nella telecronaca in differita del secondo
tempo di una partita di calcio sulle reti Rai, come si usava allora una
simpatica iniziativa dell’allenatore. Il nostro protagonista è ovviamente
Sergio Spuri, fabrianese che al secondo anno a Verona fece il debutto in serie
A nella gara più bella e significativa, vedeva rendersi concreto il suo sogno
di bambino, campione d’Italia. E se Andy Warhol, visionario artista della
pop-art, aveva profetizzato che ognuno avrà il suo quarto d’ora di celebrità,
beh Sergio, ci aveva messo appena nove minuti per la gloria, per la leggenda. Sì
perché il calcio in Italia è la religione degli italiani e regala l’immortalità
ai suoi eroi. E in questo momento Sergio allena il SassoferratoGenga in
eccellenza, dove è stato ingaggiato a dicembre, per cercare di risollevarne le
sorti. Lo incontriamo dopo lo sfortunato match con l’Anconitana, avaro nel
risultato, ma non sicuramente nei ricordi. Infatti, proprio nel capoluogo di
regione, Sergio mosse i primi passi. Dicevamo fabrianese, fisico da cestista,
preferì il calcio mentre a Fabriano c’era l’escalation del Fabriano basket di
Giuliano Guerrieri.

Nella città della carta lo allena Giuliano Fiorini, con un
passato illustre anche in serie A, che “aveva un modo di vedere il calcio all’epoca,
avanti a tutti e mi ha insegnato tante cose di questo mondo – dice Sergio-“.
Cresce nelle giovanili dell'Anconitana, allenata da Mascalaito, “cui sarò
sempre grato per avermi dato fiducia nonostante fossi giovanissimo” che lo fa
esordire all'età di diciassette anni nel campionato di Serie C1 della stagione
1979-1980, dove i dorici retrocessero. Negli anni successivi diventa titolare,
conquistando nel 1982 il campionato di C2 e il ritorno in terza serie. E grazie
ai buoni uffici di Gigi Mascalaito, ex del Verona e suo allenatore come detto
ad Ancona che nella stagione 1983-1984 è chiamato al Verona di Osvaldo Bagnoli
a fare il secondo di Claudio Garella. “In realtà io dovevo andare al Milan –
dice Sergio - a quei tempi la società trattava con la società”, poi grazie
appunto al suo trainer in Ancona e ai suoi buoni uffici finì in riva all’Adige.
Certo trovarsi davanti Garella, che sfodera prestazioni fenomenali una dietro l'altra,
“Claudio non pensavo fosse così forte quando arrivai a Verona – afferma Sergio-
ma alla fine portò letteralmente punti per lo scudetto grazie alle sue
prestazioni monstre” e trovare spazi è in pratica impossibile se non alcuni
scampoli. Gioca solo le partite
preliminari della Coppa Italia, dove gli scaligeri arrivano in finale, perdendola
contro la Roma. L'annata seguente consacra i gialloblù campioni d'Italia, e il
portiere fabrianese può fregiarsi del tricolore. Nella stagione 1986-1987 fa il
vice con la maglia dell'Udinese, con le zebrette che retrocedono in serie B.
Negli anni successivi veste le maglie della Jesina, del Chieti, dell'Aquila con
cui vince il torneo di C2 e del Gualdo, prima di approdare alla Vis Pesaro dove
nel 1995 vince il Campionato Nazionale Dilettanti. Chiude la sua carriera
agonistica nel 1998 alla Maceratese, per poi intraprendere quella di allenatore
e collaboratore tecnico, a Castelraimondo, Settempeda, Gualdo e Pergolese.
Nelle ultime quattro stagioni ha collaborato con mister Marco Alessandrini
nello staff tecnico di Fano e Recanatese.

Com’è l’avventura a
Sassoferrato?
“Sapevo che fosse dura, conoscevo la situazione ed ero
abbastanza preparato, ma ho accettato volentieri, il campionato è difficile,
molto fisico, alcuni campi sono difficili anche per la situazione ambientale”.
Il Verona, oggi
potrebbe esistere una favola come quella?
“Non credo sia possibile, l’aspetto economico oggi è
fondamentale per una società. Un Verona non potrebbe mai competere con la Juve
o il Barcellona, lo strapotere economico derivante anche dagli introiti della
Champions, della pubblicità, dei diritti tv è preponderante, la stessa
Atalanta, che in qualche maniera ricorda quel Verona, difficilmente potrà
competere per lo scudetto”.
In quel campionato
c’erano Maradona, Rummenigge, Zico, Socrates, Falcao, Passarella, Platini, Boniek,
Paolo Rossi, era il campionato più bello del mondo, eppure vinse il Verona…
“Eravamo un gruppo forte e coeso, un ambiente familiare,
alcuni giocavano insieme da qualche anno, poi arrivavano giocatori che altre
società avevano scartato e mister Bagnoli li rigenerava letteralmente, Briegel
ed Elkjiaer-Larsen, li vide in tv e li prese, i tasselli perfetti per quella
squadra. Bagnoli, a differenza degli allenatori di oggi, forse anche per la sua
umiltà era un padre di famiglia, una persona brava e onesta che ti diceva in
faccia, a volte anche brutalmente quello che pensava di te, anche le cose
sgradevoli. Ancora oggi, ci teniamo in contatto grazie a Whatsapp e ci
ritroviamo spesso e volentieri per le ricorrenze e festeggiamo. A Verona siamo
quelli dello scudetto del 1985 e siamo rimasti nel cuore della gente, ancora
oggi”.
Il calcio è stato il
tuo mestiere. Se dovessi fare un bilancio.
“Tanti dolori fisici, tantissimi magoni, però con poche
soddisfazioni che ti ripagano, sono il sale dello sport, del calcio, della
vita. Perché alla fine se non sei un calciatore super affermato, un fenomeno,
il calcio è fatto più da delusioni. Alla fine quelle soddisfazioni come aver
giocato in serie A, lo scudetto, la Coppa dei Campioni, ma anche aver vinto il
campionato di C2 con l’Ancona che nessuno ricorda, ma che per me è stato il
trampolino di lancio, ti ripagano alla grande. Oggi il calcio è molto veloce,
più atletico, più fisico, ma credo che la qualità fosse stata superiore allora,
a tutti i livelli. Se avessi giocato in questa epoca, avrei avuto sicuramente
molte più presenze, allora i titolari erano inamovibili e il “dodicesimo”,
ammuffiva in panchina. Certo oggi grazie anche alla tv ci sarebbe stata più
visibilità, ma anche molta pressione, sempre sotto i riflettori dei media e dei
social. Il calcio è cambiato tanto, ci sono più soldi, forse, anzi sicuramente
avrei guadagnato molto di più, ma comunque sono soddisfatto, contento di quello
che ho fatto”.
Il portiere oggi?
“Una volta quella italiana era una vera scuola ad alto
livello, l’ultimo grande portiere per me è stato Buffon, certo oggi ci sono
Donnarumma, Sirigu e Handanovic… ma è straniero, il miglior portiere del mondo
Allison è brasiliano, una cosa impensabile una volta, che una scuola in grado
di esprimere funamboli e attaccanti di vaglia, avesse anche il portiere più
bravo del pianeta”.