Testo di STEFANO BALESTRA
E da una scatola, riemergono lettere, appunti, documenti, fotografie, articoli, in ogni caso carta che in controluce racconta la storia...
Erano
i magici anni ‘90 dello sport fabrianese, ricchi di soddisfazioni. C'era il
Fabriano Basket che in A1 e A2, portava il nome della città della carta in giro
per tutta Italia con orgoglio e passione, ma c'erano due ragazzi che portavano
il nome di Fabriano in giro per il mondo. Uno era Francesco Casoli che con la
barca Gulliver, vinse il giro del mondo a vela, un traguardo notevole, l'altro
ragazzo era Andrea Merloni che con la sua passione per le moto portò Fabriano
su tutti i circuiti del mondiale Superbike di moto. Quanti fiumi d’inchiostro e
rulli per la macchina per scrivere ho piacevolmente consumato per narrare le
loro gesta e avventure. Conobbi Andrea a inizio degli anni ’90 quando anche lui
correva in pista nel campionato italiano sport production, insieme al
fabrianese Luciano Morri, ma anche Liverani che regalò al team un paio di
titoli italiani super sport, Pallizzi, Rozza, tutti sotto la bandiera del
Gattolone Racing Team, nome simpatico ripreso però da quello del motoscafo di
famiglia. Una carriera agonistica su pista durata fino al 1992, quando smise,
su richiesta della famiglia, dopo la rovinosa caduta di Misano che gli costò
due ematomi nella scatola cranica. Una passione che gli aveva trasmesso, come
mi confessò suo papà Vittorio, grosso appassionato di motori. Così, smessa inevitabilmente
la tuta di pelle da pilota, si “rassegnò” a diventare il manager del Gattolone
Racing Team e le soddisfazioni non furono poche.
Ma si capiva a pelle che la
sua passione, anche se costosa, non era il vezzo di un figlio di papà, la svogliatura
di chi sapeva di avere alle spalle qualcuno pronto a staccare l’assegno in caso
di bisogno. Non assomigliava al prototipo del giovane rampollo insomma. In un’intervista,
che ancora ricordo con piacere, accolto nella casa paterna di Fabriano, ora
chiusa e in vendita, con cordialità quasi amicale, mi disse che suo padre gli
diceva di terminare gli studi con la laurea o di andare a lavorare. Tanti i
chilometri macinati durante l’inverno e la nebbia mangiata per andare a
visitare gli sponsor che gli avrebbero permesso di partecipare al mondiale
superbike. Un self-made man del motociclismo che perseguiva una sorta di “
modello marchigiano” di sviluppo tanto caro ai suoi avi, applicato al
motociclismo, dove nulla era lasciato al caso, anche l’immagine, con una
hospitality importante curata nei dettagli e molti personaggi del mondo delle
corse, ma anche del jet-set si ritrovavano. Un sognatore, era Andrea Merloni, che aveva
però un approccio umile di chi vuole imparare a farsi largo in un mondo
che aveva sempre vissuto fino a quel momento solo come appassionato o quasi. Una
delle sue più grandi soddisfazioni credo che sia rimasta, quella di aver
portato nella stagione d’oro della Superbike, a vestire i colori del Gattolone,
Pierfrancesco Chili, oggi alle prese con il Parkinson, dopo un periodo
burrascoso, coinciso con il carcere per accuse dalle quali fu prosciolto, che
lo avevano allontanato dal mondo delle due ruote. A Monza, nel 1995, nel Gp di
San Marino, la prima vittoria di “Frankie” Chili, con la Ducati 916 del
Gattolone, alla quale poi se ne sarebbero aggiunte altre nelle stagioni
successive.
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(Liverani, Merloni e Chili) |
Erano i tempi in cui la Indesit Company viaggiava alla grande nel
mondo del “bianco” ed il Gattolone non era da meno. Indimenticabili per me, rimarranno le immagini
nelle quali Andrea Merloni, spiegava con amore a suo padre Vittorio sulla pista
di Misano Adriatico i segreti delle moto e di qual mondo fantastico, che vedeva
suo figlio tra i protagonisti. Una persona che ha costruito una vita di
successo cercando di restare con i piedi per terra. Tentò di trasformare la
passione per le due moto in un business, tanto da provare a rivitalizzare, nel
1996, lo storico marchio pesarese della Benelli, senza riuscirvi però fino in fondo.