Eseguita poco dopo il 1530 e destinata in origine
a decorare l’Oratorio della confraternita di Santa Maria dei Mercanti a
Recanati, la tela esemplifica al più alto livello il particolarissimo approccio
al tema sacro che sempre contraddistingue le opere del pittore veneziano.
Rinnovando radicalmente l’iconografia della
scena, Lotto raffigura infatti la Vergine in atto di volgersi verso lo
spettatore, al fine di renderlo partecipe dello smarrimento suscitato
dall’improvvisa incursione nella sua stanza dell’Angelo annunciante che, con i
capelli ancora sollevati dal vento, si rivolge a Lei con uno sguardo
concentrato, indicando con un gesto perentorio il “mandante” della sua decisiva
missione, vale a dire il Padreterno.
L’episodio risulta così restituito in tutta la
sua folgorante immediatezza, come in un’istantanea capace di rivelare le più
intime reazioni emotive dei protagonisti e di fissare con sguardo attento la
verità quotidiana dell’avvenimento, evocata non solo dalla descrizione analitica
degli oggetti e degli arredi domestici che connotano la camera di Maria
(dall’inginocchiatoio sul quale è posta la Vergine, alla clessidra appoggiata
sullo sgabello in secondo piano, ai libri collocati sullo scaffale), ma anche
dal sorprendente dettaglio del gatto che fa capolino al centro della scena,
spaventato anch’esso dall’arrivo inaspettato dell’Angelo.
Un accento di verità quel gatto che ha un
precedente a Loreto nel rivestimento marmoreo della Santa Casa. Nell’episodio
dell’Annunciazione che compare sul lato ovest del sacello, Andrea Sansovino
negli anni 1521-’23 introduce un gatto che si volta a guardare quello che
succede alle sue spalle. Nonostante il tono del Sansovino sia molto più
compassato di quello del Lotto e la posizione del gatto sia molto più marginale
rispetto al nucleo della composizione, è evidente che la funzione attribuita
all’animale sia la stessa, così come appare una citazione l’asciugamano che
scende alle spalle della Vergine e lo scatto direzionale
dell’Eterno.