lunedì 4 febbraio 2013


L’anima degli uomini, l’anima degli animali.
di Margherita Hack

Che cos'è l'anima? Non credo che nessuno lo sappia esattamente, ma se noi abbiamo qualcosa che chiamiamo anima questo qualcosa lo hanno certamente anche gli animali.
Secondo me l'anima è il nostro cervello, le cui modificazioni chimiche governano i nostri sentimenti, le cui varie aree sovrintendono alle nostre azioni più o meno ra...zionali.
Il nostro cervello è come un computer un po' più complesso di quello degli animali più evoluti.
Potremmo dire che noi rappresentiamo l'ultima generazione di computer nella scala evolutiva.
Abbiamo capacità di astrazione che gli animali, forse ad eccezione di alcune specie di scimmie, non hanno. Ma per quanto riguarda i sentimenti, la capacità di affetto, la gelosia, la difesa del territorio, quanto siamo simili, uomini e animali, e soprattutto mammiferi e uccelli.
Da giovane credevo ancora che ci fosse qualcosa oltre la morte; ricordo che dopo la scomparsa di Cicino, un gattone soriano che aveva "studiato" con me, sulle mie ginocchia, dalla terza media fino al secondo anno di università, lo sognavo quasi tutte le notti e mi volevo illudere che fosse lui che dal mondo di là mi veniva a trovare, e speravo che l'avrei ritrovato dopo morta. Oggi non credo in nessun al di là. Dopo morti, uomini e animali, le molecole che formano il nostro corpo e il nostro cervello-anima lentamente si libereranno e si sparpaglieranno nell'atmosfera, da cui forse un giorno sfuggiranno negli spazi interstellari, o forse andranno a formare altri esseri, molecole e atomi, loro si quasi immortali.
Ma sarebbe bello poter trovare nel paradiso in cui credevo da bambina tutti gli animali che ho amato e che mi hanno amato.
Li ricordo tutti, cani, gatti e anche un pappagallo cinerino tutti con il loro carattere e la loro ben distinta individualità.
Il pappagallo mi fu portato in regalo da un astrofisico nigeriano. Non avevo mai avuto uccelli, perché credo che debbano vivere la loro vita da esseri liberi. Ma il pappagallo era ormai lì, sottratto alla sua vita nella giungla, spaventatissimo per il lungo viaggio in aereo, nascosto chissà dove. Ci vollero parecchie settimane perché cominciasse ad aver fiducia in me, a mangiare dalle mie mani, a cantare a squarciagola. Non potendo vederlo in gabbia, gli avevo ricostruito un habitat più adatto a un uccello, con rami d'albero e foglie, nella veranda. D'estate la veranda era aperta e lui volava dall'alto in basso, ma non era capace di volare verso l'alto perché purtroppo uomini crudeli gli avevano tagliato le remiganti. Era molto interessato ai colombi che venivano in giardino, e un giorno scomparve, probabilmente in cerca di libertà. Non l'ho più ritrovato e avrà fatto una brutta fine.
Ricordo la gatta Checca, tutta nera, che abbandonata quando aveva pochi mesi, mi corse incontro per strada come se fossi la sua mamma gatta, e mi ricordo quando si spense con un flebile miagolio all'età di 18 anni. Più che una gatta era una compagna di giochi, che faceva a nascondino fra i mobili di casa, che si sdraiava sul tavolo dove lavoravo, che mi seguiva a ogni mio spostamento.
Un mese dopo la morte della Checca morì anche il lupo Dick, quasi quattordicenne e che avevo comprato a dei ragazzi che lo picchiavano, quando era un cucciolo di 4 mesi. Era zoppo e cieco da un occhio, ma aveva un muso bellissimo, un carattere volitivo, e capace di un affetto commovente.
Senza la Checca e senza Dick la casa era tristemente vuota. Cosi decidemmo di andare al canile comunale; avremmo voluto un altro lupo, ma c'era una bastardona nera e marrone, incrocio tra un rottweiler e un doberman. "Prendetela, nessuno la vuole, è qui da 6 mesi" ci dissero gli impiegati del canile. E così la portammo a casa, dove si insediò subito sulla poltrona più comoda e la notte decise che il nostro letto era anche la sua cuccia.
Malgrado l'avessimo fatta visitare, nessuno si accorse che aveva quella terribile malattia che è la filaria. Le larve delle zanzare invadono i polmoni e dopo solo 8 mesi che era con noi, Lara morì soffocata in un lago di sangue, mentre stavamo correndo dal veterinario.
Oggi abbiamo la Lilli, un bracchetto istriano bianco con macchioline marroni, trovata in Slovenia, abbandonata e simile ad uno scheletro ambulante. E' con noi da 6 anni, ha una volontà di ferro. E'lei che decide dove andare a passeggiare, e se il percorso scelto da me non le piace si impunta sulle quattro zampe e nessuno la smuove. E' tenerissima e gelosissima degli altri cani, ma convive d'amore e d'accordo con le nostre attuali 6 gatte, la Genny, bianca e nera e scontrosa con gli estranei, la nera Sissy, timida e paurosa, la soriana Geppetta, affettuosissima e indipendente, la soriana Fabiola, ingorda e attaccabrighe, la certosina Topina, piena di affetto e che ho portato a casa dal giardino dell'Osservatorio, dove si lasciava morire per carenze affettive, e infine l'ultima arrivata, la Bianca, una gattona bianca e nera che viveva per strada e che un giorno ha deciso di venire a vivere nella veranda insieme ad altri quattro gatti randagi e poi ha stabilito di installarsi permanentemente in casa.
Si, credo proprio che se esiste un paradiso per noi, a maggior ragione debba esistere per gli animali, creature vittime di ogni cattiveria e ingiustizia eppur instancabili nel loro amore.

(dal libro "Anche gli animali vanno in Paradiso, storie di cani e di gatti oltre la vita" di Stefano Apuzzo e Monica D’Ambrosio – Edizioni Mediterranee 2001)

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