giovedì 9 settembre 2021

ER CUPOLONE...

Via Dante di giorno è forse la strada più trafficata di Fabriano. Di notte, nella Fabriano di un irrituale “coprifuoco” e non solo quello dei mesi scorsi, dovuto al lockdown, dove dopo le venti anche il centro storico diventa quasi il “deserto dei tartari”, sin dai tempi delle “vacche grasse” per Fabriano, è un lungo serpentone di asfalto, che collega il centro della città alla periferia, direzione Ancona, con ultimo avamposto i capannoni di Santa Maria, oggi J&P, dove sotto le bandiere dell’Antonio Merloni, rappresentava uno dei capisaldi della potenza economica di Fabriano, e oggi ne rappresenta invece uno dei simboli della deindustrializzazione, nella quale è precipitata, sospesa tra una storia maestosa, un presente dai contorni labili e un domani imperscrutabile. Al suo fianco, nel buio della notte, c'è il cupolone del Pala Guerrieri, fino a qualche tempo fa teatro del basket fabrianese, per quasi quattro decenni, ma anche dell’emergente ginnastica ritmico. Oggi, sembra essere una cattedrale dismessa in perfetto stile pandemico, il palasport è un risuonare di solitudine, rotta solo da alcuni ragazzi che nella notte estiva fabrianese, si divertono giocando a padel lo sport o qualcosa che gli assomiglia in voga in questo momento o da altri, che giocano sul campo di sabbia a beach volley, sport estivo per antonomasia e più in la c’è il centro vaccinale covid, nel lato sud, quello con i disegni dedicati agli angeli del volontariato. Vetri rotti, dai quali s’intravede l’interno del gigante ferito e da altri ancora intatti s’intravedono coppe e trofei a testimonianza di un passato lontano che sembrava, non sarebbe tornato più nel lato nord, polvere e dietro la penombra dell'abbandono.

Quando fino a prima della pandemia, ospitava ogni domenica 2 mila e oltre tifosi festanti per le gesta dei propri eroi in canotta e pantaloncini. I giocatori di quella squadra che sembrava il simbolo della rinascita di tutto il territorio fabrianese. Di quel rito domenicale dei Fabrianesi che è durato in serie A per quasi 30 anni e che nello scorso giugno, proprio alla vigilia di San Giovanni, Patrono di Fabriano, la Ristopro, ha riportato la città della carta sulla cartina geografica del basket che conta, nell’iperuranio della pallacanestro. Perché in fin dei conti, l'amore per il basket a Fabriano è un contagio che non ha mai smesso di far ammalare gli appassionati. Perché Fabriano per il basket nutre una passione smisurata, che continuava a covare sotto le macerie, le ceneri della dolorosissima scomparsa del 2008. La pallacanestro Fabriano è un'istituzione, quasi una religione. Il Pala Guerrieri, era la chiesa laica dei fabrianesi, costretti a emigrare con la squadra nella vicina Cerreto per gioire della cavalcata in serie A e poi da ottobre prossimo in poi a Osimo per il campionato di serie A2. Il ristoro dell'impianto? Chissà? Ora c’è Osimo che ha deciso di “adottare” la franchigia fabrianese. Speriamo che non sia lasciato come tutto purtroppo fa presagire al suo cupo destino, con un futuro da reperto archeologico, scomodo, rovinato, incurabile e ingombrante, non solo fisicamente ma anche per la coscienza di qualcuno. Speriamo che non diventi un luogo fantasma che forse un giorno, nonostante il minestrone di ricordi, marcirà persino nella nostra memoria, che nonostante tutto è dura a morire.

STEFANO BALESTRA

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