lunedì 31 dicembre 2018

FELICE E SERENO 2019


NON AUGURO A TUTTI UN ANNO STREPITOSO PERCHE' SAREBBE UTOPIA, MA AUGURO A TUTTI UN ANNO PIENO DI FORZA E DETERMINAZIONE, IL CORAGGIO DI LOTTARE E TANTA SERENITA' NEL CUORE E NELL'ANIMO.
AUGURO A TUTTI DI VIVERE UN 2019 RICCO DI QUELLE PICCOLE SODDISFAZIONI QUOTIDIANE CHE CI DARANNO LA FORZA DI ANDARE AVANTI.
UN ABBRACCIO E UN SERENO 2019 A TUTTI VOI AMICI VICINI E LONTANI.

lunedì 24 dicembre 2018

BUON NATALE!!! IL MIO NATALE...


Non nascondo che nonostante l'età, il Natale mi affascina sempre. Lo spirito del Natale è tante cose, sono i bambini felici, l'atmosfera festosa, le luci, i regali, i buoni sentimenti, ma anche ritrovare lo stupore perduto. Vorrei ritrovare il mio Natale, chissà che fine ha fatto, quello che ho sempre sognato sin da piccolo, con una famiglia numerosa e festante ma che non ho potuto avere mai... Intorno alla tavola imbandita virtuale del Natale, ci sono tante sedie vuote, quelle riservate alle persona care che non ci sono più, e sono proprio quelle sedie a farti capire il vero senso di questa festa, non le cose materiali, ma le persone che ti amano e che amiamo e delle quali dobbiamo avere cura. Natale è una bellissima occasione per fare pace con noi stessi e con il prossimo e saprà restituirci la bellezza di saperci guardare allo specchio, facendoci accettare per quello che siamo, con i nostri difetti e per quello che chi ci sta vicino ci stima e ci vuole bene. E' questa la sua vera forza e magia.
Buon Natale a tutti, non importa dove siate, quanti siate o con chi state, da soli o in compagnia. Spero che sia per tutti un momento di serenità da prolungare poi nel tempo a venire, magari tutti i giorni....
UN ABBRACCIO FRATERNO E PIENO DI CALORE!!!
BUON NATALE!!!!

giovedì 20 dicembre 2018

LA PERSONA DEL 2018...



A volte si può scoprire che il mondo è buono, nonostante i tanti mali che oggi lo attanagliano. Magari non avrà gli occhi umani, non parlerà, ma saprà ugualmente trasmettere amore e speranza per un futuro migliore, nonostante in giro ci sia tanta cattiveria gratuita. Come ogni fine d’anno, si tirano le somme, si tracciano bilanci, si cercano nei ricordi, nella memoria e nei fatti di cronaca, le persone, i personaggi o i fatti che hanno caratterizzato l’anno che sta per passare agli archivi. Sono note storie di animali, legati ai loro umani anche dopo la morte, come ad esempio il gatto Toldo che dopo la morte del suo amico umano, si recava ogni giorno sulla sua tomba portandogli un regalino, oppure non ultima la storia del gatto Helios, compagno inseparabile di un clochard ucciso da due balordi, restato a vegliarlo tutta la notte. Rapporto animale e uomo che risale alla notte dei tempi dell’umanità, ma in alcuni casi si trasforma in qualcosa di speciale, dove la differenza tra i due generi si assottiglia, in maniera tale da creare un rapporto osmotico. A tale copione, non può sottrarsi la storia che leggerete qui sotto, e secondo me, idealmente i suoi protagonisti, potrebbero essere considerati la persona di questo 2018… in realtà quattro, si ma quattro cani. In queste ultime settimane, sta facendo il giro del mondo, la storia dei quattro cani del senzatetto brasiliano Cesar, che l’hanno educatamente atteso fuori dal pronto soccorso dove era stato ricoverato a Rio do Sul, un comune del sud del Brasile, nello Stato di Santa Catarina. Dopo aver ricevuto le cure, l’uomo si è allontanato con i suoi cani scodinzolanti intorno. A riferire l’accaduto è l’infermiera dell’ospedale Cris Mamprim, che su fb ha condiviso la sua esperienza dell’8 dicembre scorso, postando anche una foto strappa-lacrime e sorrisi insieme: “All’ospedale dove lavoro, alle 3 del mattino, mentre il loro proprietario (un senzatetto) era ricoverato, i suoi cani lo aspettavano sulla porta. Una persona semplice, senza lussi, che dipende dall’aiuto del prossimo per superare la fame, il freddo, i dolori, la malvagità del mondo, ha i migliori compagni di vita con sè, e lo scambio è reciproco. Scambio di amore, d’affetto, di calore, di comprensione. Una persona che ci ha confessato che si toglie il pane di bocca per dar loro da mangiare. Non so com’è la sua vita, perché è sulla strada, e non voglio saperlo e giudicarlo ma ammiro il rispetto e l’amore che ha per i suoi piccoli amici animali. Vedendoli così, aspettare alla porta, mostra solo quanto sono ben curati e amati. Ahimè, se fossero tutti così… Se non ci fossero cattiveria e maltrattamenti…”. Che altro aggiungere?
"Il cane è il miglior amico dell'uomo". Mai detto è stato così azzeccato. Amicizie speciali che durano anni e sanno riempirti la vita, cosa che non sempre accade tra umani. Amicizie in cui ci si capisce con uno sguardo senza necessariamente usare la parola. La fedeltà e la lealtà sono doti che molto spesso facciamo fatica a ritrovare nelle persone, ma che ci sono assicurate dai nostri amici animali, che si prendono cura di noi tanto quanto noi, ce ne prendiamo di loro. Mi chiedo che cosa mi abbia emozionato in questa storia. Non credo sia solo per una questione temporale, essendo accaduto il fatto solo recentemente, ma perché da quando ho visto la loro immagine, riportata sui media, questa mi ha talmente colpito da non voler andare via da davanti ai miei occhi, ma anche perché è una storia intrisa di tanta umanità che spero possa far riflettere chi vede gli animali con diffidenza o peggio con odio, sulle loro qualità che noi “umani”, in questi tempi caratterizzati dall’individualismo, dal disprezzo del prossimo non sappiamo cogliere… Certi gesti acquistano più forza, quando a compierli, è un cuore, senza volto, ma con un musetto in grado di regalarti tanto amore e tanta speranza… Ma in definitiva a prevalere, è la nota “legge dello specchio”, attiri ossia coloro che in quel momento della tua vita rispecchia la tua anima. Dona amore e ti sarà donato… (s.b.)

mercoledì 12 dicembre 2018

domenica 7 ottobre 2018

IL VALORE DELLE COSE.. PAROLE DAL CUORE IN LIBERTA’…


“Il lavoro dovrebbe essere una grande gioia ed è ancora per molti tormento, tormento di non averlo…” recitava così il grande Adriano Olivetti, imprenditore illuminato, protagonista della storia italiana del dopoguerra, e uno dei primi a teorizzare che il successo di un’impresa passa dall’equilibrio tra solidarietà sociale e profitto, benessere materiale e spirituale del lavoratore. Ma a me  viene invece da dire, in maniera più prosaica e banale che: “il valore delle persone, dei sentimenti, delle cose, lo si capisce solo quando si rischia di perderli o si perdono..”
Ed il lavoro, almeno come noi umani lo definiamo attualmente, possa raccogliere tutti insieme, identità, dignità umana, che sono parti tra essi integrati. Ma nei nostri tempi moderni, nella nostra società liquida, fatta di precarietà, un posto di lavoro è una certezza nella nostra quotidianità, e rende più leggera la triste realtà con cui ci si trova a misurarsi. Ma per far scomparire l’orizzonte, per togliere la serenità, per far vagare il nostro sguardo nel vuoto e rendere le nostre giornate monotone, non basta solo perderlo il lavoro, oggi ai tempi della globalizzazione quasi un evento fisiologico, in un sistema sociale inumano, violento, anche la paura che ciò avvenga e con essa la paura di sprofondare nelle tenebre…
Se poi ti trovi ad avere cinquanta anni o dintorni, età in cui si è ancora troppo giovani per andare in pensione, ma a volte si è troppo vecchi e obsoleti per trovare un’altra occupazione, e inoltre non avere la tua famiglia che ti fa da paracadute sociale, ecco che le paure del futuro crescono in maniera esponenziale, fino a spingerti nell’abisso della disperazione.  Anche perché, la cassa integrazione, comunque non è come percepire lo stipendio per intero, fa male alle tasche e ai portafogli, inoltre l’ente di previdenza ha comunque i suoi tempi per l’erogazione dell’indennità, a volte rendendo difficile il budget mensile e far quadrare i conti. Gli effetti psicologici della precarietà, anche se è stop and go, ossia lavoro e cassa, si fanno pesare alla lunga, mese dopo mese nel limbo dell’incertezza e ad attenderti il fantasma della depressione. All’inizio non percepisci il cambiamento, ti sembra di essere in ferie, ma il cambiamento avviene lentamente..
Ma se all’interno del posto di lavoro fai il sindacalista e vivi la tua attività in fabbrica come una missione, come me, il rischio di “burn out” è forte, fortissimo, investito da una parte dallo tsunami di emozioni sopra descritte e dall’altra dalla “responsabilità” di dover dare ai tuoi colleghi, ai tuoi compagni di lavoro spiegazioni, chiarimenti sull’andamento e speranze per il futuro, quelle speranze, che sono anche le tue, perché quello è il tuo posto di lavoro ed in esso è racchiuso anche il tuo futuro…
A volte una vera e propria tempesta esistenziale ti travolge e i sentimenti di frustrazione, scoraggiamento, depressione ti assalgono, perché è come se perdessi dignità, autonomia, certezze, quelle relazioni costruite in tanti anni di lavoro. Perdi anche la gioia di alzarsi al mattino per andare in fabbrica, dico gioia, perché solo quando si perde qualcosa se ne apprezza il valore….

mercoledì 5 settembre 2018

UN BIGLIETTO, TANTI RICORDI...


Anche dentro ad un piccolo biglietto di carta, parzialmente strappato, possono essere racchiusi ricordi indimenticabili di amici indimenticabili... 
1977, quindi oltre 40 anni fa, mio zio mi porto' a vedere, diversi incontri di serie A, tra cui questa partita e con me venne anche Leonardo Cesari, un nome che a quelli della mia generazione, che all'epoca avevano lo sport come uno dei valori di aggregazione, di amicizia, di condivisione, di passione, dice tanto, anzi molto. Per la cronaca, era il 30 ottobre 1977, fu la gara in cui si consumò, nello stadio di Pian di Massiano, (allora si chiamava così, poi successivamente venne intitolato a Curi), il dramma della morte di Renato Curi, in un pomeriggio freddissimo e tormentato dalla pioggia battente... Qualche anno dopo, nel 1981, il mio amico, scomparve in analoghe, tragiche circostanze... Il destino, cinico e baro lo strappò alla famiglia e agli amici, ma non al suo ricordo... 

lunedì 3 settembre 2018

AMORE SENZA FINE (PINO DANIELE)


Se mi guardi con gli occhi dell'amore 
non ci lasceremo più 
inganneremo il tempo e il dolore 
sia l'estate che l'inverno. 
E cambieremo il mondo ogni volta che vuoi 
e fermeremo il mondo ogni volta che vuoi. 
Perché non so che dire quando mi guardi così 
non riesco mai a finire un discorso senza errori 
perché mi fai impazzire quando mi guardi così
mi sembra di capire 
che voglio solo te in questo mondo, voglio solo te 
in questo mondo. 
Se mi cerchi con gli occhi dell'amore 
allora si mi troverai 
fra le parole semplici e il sapore 
di un mattino di primavera. 
E cambieremo il mondo ogni volta che vuoi 
e fermeremo il mondo ogni volta che vuoi. 
Perché non so che dire quando mi guardi così 
non riesco mai a finire un discorso senza errori 
perché mi fai impazzire quando mi guardi così
amore senza fine 
io voglio solo te in questo mondo, voglio solo te 
in questo mondo. 
When I look into your eyes 
I will feel so good 'cause you make a better day for me.. 
When I look into your eyes 
I will feel so good 'cause you make a better day for me.. 
e fermeremo il mondo ogni volta che vuoi. 
Perché non so che dire quando mi guardi così 
non riesco mai a finire un discorso senza errori 
perché mi fai impazzire quando mi guardi così
amore senza fine 
io voglio solo te in questo mondo, voglio solo te 
in questo mondo. 
Se mi cerchi con gli occhi dell'amore 
non ci lasceremo più 
inganneremo il tempo e il dolore 
sia l'estate che l'inverno. 
E cambieremo il mondo ogni volta che vuoi 
e fermeremo il mondo ogni volta che vuoi. 
When I look into your eyes 
I will feel so good 'cause you make a better day for me.. 
When I look into your eyes 
I will feel so good 'cause you make a better day for me..

sabato 25 agosto 2018

DIS(CONNESSI) E FELICI?



Salve a tutti, amiche e amici!!!  Come sono andate se le avete terminate o come stanno andando, se ancora ci state le ferie? Benissimo, bene, benino, così cosi, poteva andare meglio, per carità non vedo l’ora di tornare a lavorare… A ognuno il suo metro di giudizio personale per descrivere il proprio agognato, quanto meritato periodo di riposo, magari lontano dalla routine quotidiana…
Avete resistito dal pubblicare la foto dell’ennesima abbuffata su Facebook? Io no… Avete resistito dal pubblicare la vostra foto al mare, far vedere a che livello è arrivata la vostra abbronzatura, con chi siete e dove siete e quanti like ha ricevuto? Io no…. Avete resistito dal dare una sbirciatina a whatsapp per vedere se vi è arrivata una notifica? Io no…, anche per motivi di lavoro… Avete resistito dall’aggiornare la vostra storia su Instagram, Messenger o Whatsapp? Io no… A volte è vero forse si usa la piazza virtuale per darsi un tono, per far apparire la propria vita migliore di quanto in realtà non sia.
Niente disconnessione felice amiche e amici e non credo solo per me. Niente sparizione dai radar, è continuata anche durante la calda estate 2018 e durante le ferie l’abbuffata digitale e l’ubriacatura da social network, che ormai fanno parte della nostra vita, dove ci piace esibirla più o meno innocentemente, come un fotoromanzo. Ma d’altronde l’altra faccia della medaglia è che servono anche per tenersi informati (al di là del mare ridondante di bufale e fake news), anche sul terribile fatto di cronaca di Genova o le vicende politiche.
Niente JOMO quindi, ossia la saggezza di cercare un maggior benessere psicofisico mediante un utilizzo meno compulsivo d’internet e del social network e social media… Una dipendenza vera e propria vista che una recente indagine ha rivelato che nella nostra bella penisola, gli over 35 passano di media 7 ore il giorno connessi a device tecnologici e 6 ore al giorno durante il week end, anche se poi la comunicazione più significativa rimane secondo me quella tra due persone che si guardano negli occhi.
Ovvio resistere alla tentazione di stare lontani, anche per solo qualche ora dal nostro trastullo preferito, dalle chat o dai social, con il loro potere ipnotico è più facile da dirsi che da farsi realmente… Ma per qualcuno nell’epoca dell’iperconnessione e del tagga e condividi, è strumento utile per sfuggire alla solitudine, una volta uno stato di grazia, sinonimo di libertà e oggi assurta quasi al ruolo di malattia, uno stato esistenziale che provoca sofferenza e come medicina per essere alleviata si può assumere, come prescriverebbero i dottori, qualche ora di social al bisogno, per mantenere i contatti.
Ma siamo sicuri però che lo stato d’animo non peggiori, non per chi ha deciso di stare fuori dal mondo social, ma chi pur essendo presente, li vive in maniera “passiva”, cioè leggendo senza interagire direttamente con gli altri? Chissà…
Ad ogni modo lo prometto, ci proverò anche io, non prima di avere letto le mail, caricato le foto su Instagram, scritto il post su Facebook…. (s.b.)

DA STATUS SYMBOL A COMPAGNO (INSEPARABILE) DI VITA



Non c'erano i social, le mappe e i leoni da tastiera e si viveva lo stesso...Era uno status symbol non per tutti, oggi il 76% degi italiani ha lo smartphone, le batterie duravano 3 o 4 giorni, oggi 3 o 4 ore, era il cellulare... Amarcord in un mio articolo di inizio anni '90 per il Corriere Adriatico sui trend fabrianesi.

lunedì 30 luglio 2018

MIAO E BAU BAU....



Posso tranquillamente testimoniare all'alba dei miei cinquantacinque anni di vita, come gli animali siano capaci di riempire di amore anche le vite più solitarie e infelici... Spesso e volentieri quando avevo bisogno di una mano ho trovato una zampetta di un piccolo e silenzioso amico, che nella sua innocenza mi ha ricordato, attraverso una coccola, le fusa, un abbaio, un’amorevole linguetta, il potere salvifico dell'amore. Un profondo senso di riconoscenza e di gratitudine, perché se per il mondo non sei nessuno, per loro sei tutto il loro mondo... Sentimenti per lo più sconosciuti a gran parte degli esseri umani, che non amando gli animali, non amano neanche il prossimo...
Quando Dio mi chiederà le parole sussurrate da chi mi ha amato, gli diro: "miao" e "bau bau"...

sabato 28 luglio 2018

SOLITUDINE, IATTURA O FORTUNA AL TEMPO D'OGGI?


Oggi viviamo nell’era dei social, facciamo parte del suo popolo, quello delle tastiere, dove gli "amici" ti regalano qualche like. Il web è un proiettore istantaneo di emozioni, ebbene, in questa epoca fragile, dell'iperconnessione h24 tramite i nostri device tecnologici, la solitudine è una malattia o una fortuna? Una volta era condizione esistenziale, oggi forse è considerata una malattia. Viviamo l’epoca dell’esibizionismo esistenziale dei social, dove la nostra vita è un album a cielo aperto come un fotoromanzo. È diventato il nostro sfogatoio. Il nostro vero "amico" a volte l’unico, è il social, unico mezzo di relazione in una società sempre più liquida e individualista, che ci illude che la tecnologia possa portarci più relazioni, quando in realtà c’è la tendenza all’isolamento, all’insicurezza. Però forse oggi quell’accezione negativa, può essere rivalutata. In fin dei conti oggi siamo sempre di più "costretti" a comunicare, quel non essere accettati dagli altri perché non inclusi, che una volta era visto in chiave negativa, può essere un valore positivo in quanto separandosi dagli altri e dal mondo delle nostre abitudini quotidiane, può giocare a ritrovare la calma interiore, la pace del nostro animo, un luogo prezioso dove ritrovare la nostra identità, così come ad esempio cantava il Petrarca nel 1300.
L’oblio sarebbe dunque un toccasana per sfuggire al logorio della quotidianità e della vita moderna, dominata dalla dittatura dell’algocrazia.
Mi ripropongo di farlo, non appena avrò finito di mandare l’ultimo tweet, caricare le foto su Instagram e scrivere il mio ultimo post sul blog e su Facebook...

ED IO TI PENSO MA NON TI CERCO di Charles Bukowski

“Non ho smesso di pensarti, vorrei tanto dirtelo.

Vorrei scriverti che mi piacerebbe tornare, che mi manchi  e che ti penso.

Ma non ti cerco.

Non ti scrivo neppure ciao.

Non so come stai.

E mi manca saperlo”.

“Hai progetti? Hai sorriso oggi? Cos’hai sognato?

Esci? Dove vai? Hai dei sogni? Hai mangiato?”.

“Mi piacerebbe riuscire a cercarti . Ma non ne ho la forza. E neanche tu ne hai. Ed allora restiamo ad aspettarci invano”.

“E pensiamoci. E ricordami. E ricordati che ti penso, che non lo sai ma ti vivo ogni giorno,
che scrivo di te.  E ricordati che cercare e pensare son due cose diverse.

Ed io ti penso ma non ti cerco”.

lunedì 2 luglio 2018

SCRIVERE....

Scrivere è per certi versi terapeutico e liberatorio. Spesso e volentieri è un corpo a corpo tra ragione e sentimento. In quelle lettere che dal cervello attraversano il corpo attraverso i nervi, i muscoli e le vene, fino a materializzarsi sulla pagina sotto forma di inchiostro fluente, ci sono le mie lacrime, i miei pianti, la mia sensibilità, la mia sofferenza onteriore. Le parole sono come i vestiti, bisogna scegliere quelle giuste per ogni occasione. E ogni cosa che scrivi, la scrivi per dire qualcosa a qualcuno. L'importante è farlo con passione, perché quello che si scrive dia voce alle emozioni di chi legge.... 

sabato 30 giugno 2018

NELLA MIA VITA HO....



"Nella vita ho sbagliato molto, ho fatto tanti errori, ho pianto, ho patito tanto dolore e tante delusioni... Ho provato sempre a rialzarmi, spesso e volentieri da solo e non sempre ci sono riuscito, ma non ho mai perso di vista gli altri... per questo sono Stefano... "

venerdì 29 giugno 2018

UNA STRANA ESTATE…DUE


Salve amici, come va quest’inizio di estate senza calcio? Ossia, come vanno i mondiali di Russia senza la partecipazione della nostra Nazionale? Dal punto di vista emozionale, direi in maniera soporifera, senza il pathos, la tensione emotiva, le incazzature e anche le gioie, ultimamente sempre più rare che accompagnano le partite degli azzurri, soprattutto nelle due ultime edizioni della competizione planetaria che ha visto l’Italia uscire al primo turno. Per il resto va come i giocatori della nostra Nazionale, ossia davanti alla televisione a vedere, oltre che alle pillole di Blob, che quotidianamente ci ripropone alcuni spezzoni delle gare storiche dell'Italia ai mondiali, il mondiale degli altri, che ormai è giunto alla fine della prima fase con le squadre dimezzate dopo la fase a gironi. Beh c’è da dire che l’interesse è quanto mai basso e non per gli orari delle partite, ottimi tutto sommato, ma come detto si sa quando non gioca, l’Italia è difficile tenere alta la tensione. Così abbiamo passato questa fase del campionato a cercare di trovare la nostra squadra del cuore, con esempio personalmente la simpatica Islanda, oppure il Belgio e per d’altro canto a tifare, in maniera poco simpatica “contro” i nostri acerrimi rivali, in primis la Germania… E l’uscita ingloriosa dei teutonici al primo turno, non solo per la rivalità sportiva ma anche politica, ha fatto esultare un po’ tutti, quasi quanto una vittoria in una partita diretta. Tutti quei fattori come potenza economica, programmazione, affidabilità, competitività, che con poca fantasia, tipica invece di noi italiani, ci hanno indotto un complesso d’inferiorità nei loro confronti, questa volta non sono bastati, determinando la fine di un ciclo, che aveva avuto l’apice con la conquista del titolo in Brasile nel 2014. E così anche la massima coniata da Gary Lineker, calciatore inglese: “Il calcio è un gioco semplice, ventidue uomini inseguono una palla per novanta minuti e alla fine i tedeschi vincono sempre”, passerà agli archivi. 
Il declino del “tiki taken”, un flop clamoroso, una caduta storica, una disfatta epocale, per di più avvenuta con la Corea del Sud, che a noi calciofili italiani evoca spettri mai del tutto cancellati e che ai coreani, come premio farà evitare il servizio militare, che da noi invece qualcuno cerca di reintrodurre, ha contribuito a salvare il mondiale dalla prospettiva italica. 
E se invece alla fine del mondiale dovessimo addirittura riabilitare l’ex CT della Nazionale Giampiero Ventura? Infatti, grazie alle prodezze degli svedesi, che avevamo etichettato, forse dimenticandoci della nostra pochezza, con un po’ di frustrazione dei brocchi e che intanto hanno superato la prima fase vincendo il raggruppamento, escludendo proprio la Germania, data per strafavorita, potrebbero far vedere sotto una luce diversa quella nefasta serata dello scorso novembre, che vide l’Italia out dalla competizione iridata… 
E forse vedremmo in caso di buon risultato dei nordici Ventura fare i caroselli da solo con la propria macchina…. (S.B.)

RICORDO DI UN AMICO....


Un mio articolo su L'Azione di questa settimana, in ricordo dell'amico e sindacalista Angelo Colonna, scomparso a dicembre 2017.

venerdì 1 giugno 2018

IL CIRCOLO MARCHE PRESS DI FABRIANO FESTEGGIA 25 ANNI DI VITA


RACCONTARE LO SPORT - Grenoble-Les deux Alpes - Dove lo sport incontrò la leggenda



Grenoble-Les deux Alpes - Dove lo sport incontrò la leggenda
Raccontare lo sport a volte è poesia, epos, pathos. Si deve trasmettere emozioni, anche attraverso elementi drammaturgici, creare interazione tra scrittore o narratore e lettore o colui che sta davanti uno schermo televisivo o attaccato alla radiolina o oggigiorno al device tecnologico. Tramutare la cronaca dell'avvenimento sportiva in retorica dello stesso, offrendolo all'immaginario collettivo del lettore. E il grande ed indimenticabile Adriano De Zan , questo lo sapeva fare a meraviglia. (s.b.)

lunedì 30 aprile 2018

UNA STRANA ESTATE....


Chi di noi, lo scorso 13 novembre, nei minuti immediatamente successivi all'eliminazione dell'Italia dai mondiali di calcio di Russia 2018, ha esclamato tra se e se: "e questa estate cosa farò?".
I giorni sul calendario scorrono velocemente e così i mesi, l’inverno sembra solo un ricordo e il caldo anomalo di questo fine aprile, ci lancia verso l’estate. Ma quella 2018, sarà un’estate “anomala”, no non parlo dal punto di vista delle temperature, anche se il calendario delle cipolle prevede caldo, ma dal punto di vista calcistico, sarà sicuramente per noi italiani un’estate quanto meno diversa, visto che ai mondiali di Russia, come detto non sarà presente la nazionale Italiana. E per noi tifosi di calcio che quando gioca la Nazionale ci ritroviamo uniti, gonfiando il petto orgogliosamente quando sentiamo suonare l’inno di Mameli, il mondiale di calcio era un appuntamento ormai rituale ogni quattro anni, intorno al quale costruivamo la nostra estate. La nazionale fuori dal mondiale di calcio per noi italiani è come se dovessimo rinunciare alla pastasciutta a pranzo, oppure il giorno di pasquetta non facessimo la gita fuori porta  o Pasqua senza l’uovo di cioccolata…. 
Che dire? Una tragedia, compiutasi in un giorno di metà novembre, era il 13 e non sicuramente per buona ricordanza come dicevano i nostri avi. In un attimo prendevamo consapevolezza che in questa circostanza a scendere in campo non era stata la storia o il blasone e la Svezia (modesta) ci aveva beffato all’ultimo miglio… Il nostro spirito italico del “tanto ce la caviamo”, questa volta non aveva funzionato e dopo tanti anni (sessanta per la precisione) l’Italia era fuori dal mondiale, noi che ci siamo sempre ritenuti la patria del pallone. Sarà il mondiale degli altri, noi ce lo vedremo comodamente in tv su Canale 5. Per me e la mia generazione, ma anche per altre, troppe “notti magiche” abbiamo vissuto a cominciare da quando si era piccoli con le immagini di Messico ’70, poi con l’epoca di fine anni ’70 e inizio anni ’80, con il fantastico titolo a Spagna 1982, fino al recente (si fa per dire, sono passati comunque dodici anni) trionfo in Germania nel 2006.
Certamente il calcio italiano, sta vivendo un periodo di decadimento come dimostrano le figure non proprio edificanti patite dalla Nazionale, nelle due ultime competizioni iridate in Sudafrica e in Brasile, uscita appena al primo turno, ma anche le fatiche fatte con nazionali "minori" patite nelle ultime qualificazioni, che una volta avremmo fatto a fette. 
Forse è il caso di dirlo, il calcio italiano ha perso di vista il pallone. La nazionale è lo specchio del movimento £pallonaro" italiano, e non solo sportivo. Sui campi, così come in altri campi, come ad esempio la politica, manca il talento delle nuove generazioni, frutto di un percorso che si costruisce in anni e anni, grazie anche all’organizzazione. Si guardi alla Spagna, che da quando si è data un’organizzata ha saputo rendere vincente lo smisurato talento dei suoi giocatori, ma ultimamente anche il Belgio e la Svizzera si sono affacciati alla finestra del calcio che conta. 
I giovani nostrani faticano sempre di più a trovare spazio nelle squadre infarcite di stranieri, alcuni dei quali non valgono che un piede dei nostri talenti, e gli allenatori sono timorosi di schierarli, in quanto, il calcio è diventato affari, merchandising e quello che conta è solo vincere. Ma se i giovani di talento non sono mai messi alla prova, difficilmente potranno crescere, anche nella personalità e nella leadership. Però forse, dovremmo imparare qualcosa dalla vicina Svizzera. Infatti, i rossocrociati eredi di Guglielmo Tell, ai mondiali di Svizzera ci andranno. Nello spareggio decisivo su quattordici giocatori schierati, nove erano stranieri (anche l’allenatore lo è), delle nazionalità più disparate, Nigeria, Macedonia, Cile, Kosovo, Congo, Camerun. E non dimentichiamo che la Svizzera (e noi italiani qualcosa ne dovremmo sapere) è uno dei paesi storicamente più ostili all’immigrazione come dimostrano i ripetuti referendum a sfondo xenofobo, due dei quali negli anni ’60 e ’70 contro gli immigrati italiani. Ma la stessa Francia, la Germania, l’Inghilterra e l’Olanda di qualche anno fa hanno costruito le loro fortune su giocatori le cui origini non erano propriamente autoctone. Dunque visti i precedenti mondiali, in Russia se non altro non andremo a fare altre brutte figure. Si riuscirà a trasformare questa ennesima debacle del calcio azzurro, in occasione di riscatto? Certamente la fiammella di questa speranza è ancora flebile. Ma forse il bello del calcio e dello sport in genere, che è metafora della vita è che comunque c'è sempre una nuova partita per rialzarsi e tornare a vincere. Perché, non è forte chi non cade, ma chi cadendo ha la forza di rialzarsi sempre....

IL TERREMOTO VIEN DI NOTTE …



Il terremoto vien di notte con ….
Ehm no, quella è un’altra storia, unico fattore comune la notte, o quasi, o meglio, quasi sempre ….
Chissà perché, eccezion fatta per quella mattina del 30 ottobre 2016, il terremoto viene quando siamo più vulnerabili e indifesi, perché incoscienti e sospesi, violentando la nostra intimità e generando un impatto emotivo molto forte, anche perché è diversa la percezione degli eventi notturni. L’ennesima scossa, dopo quella del 4 aprile alle quattro e diciannove di magnitudo 4,0, quella dello scorso 5 aprile alle cinque e undici di mattina, la spallata dello scossone, con una magnitudo di 4,6 Richter, oltre a svegliarmi e spaventarmi con il suo boato, mi aveva fatto capire, anche se non ce ne era bisogno, che un nemico così può colpire quando e come vuole. Continua l’incubo del quale a ora si conosce solo la data d’inizio, la terra trema senza sosta da quel maledetto giorno di fine estate del 2016, era il 24 agosto.
“Ci sta la notte crucca e assassina” cantava De Gregori, ed anche stavolta nel silenzio della notte, inquietante, sinistra, con la precisione cattiva e taciturna dell’imponderabile, la terra aveva digrignato i denti, ruggendo senza pietà dal basso, quasi a voler far sentire il suo grido di dolore o chissà cos’altro… Difficile mantenere la calma, anche se poi a paralizzarti è la paura, e ogni volta pensi “ ecco stavolta la terra ci inghiotte è tutto finito…”. Quando finirà questo trauma, che ormai dura circa venti mesi da quel 24 agosto e diciotto dalle scosse del 26 e 30 ottobre, uno sciame di quasi 90.000 scosse.
Nessuno lo sa e nessuno lo può prevedere, non c'è nessun orologio geologico e nessuna ragione scientifica per cui un terremoto dovrebbe avvenire ad un’ora piuttosto che un’altra. E sicuramente, fino a quanto fino ad ora studiato, la temperatura o l'alternanza del giorno e della notte, sembrerebbero non influenzare quanto succede a chilometri e chilometri sotto i nostri piedi, anche se poi a ben vedere, associare il terremoto alla notte è scontato, visto che quasi tutti quelli più violenti in Italia, sono accaduti o di notte o nel buio, amplificando la nostra paura profonda dell'ignoto. E’ vero il terremoto è vita, sempre ci saranno, però veramente, bastava il pensiero….


lunedì 2 aprile 2018

ITALIANS - GENTE COME NOI

Oggigiorno le tute blu, i cipputi italiani, sono diversi anni luce da quelli degli anni settanta, ottanta, frutto anche della scolarizzazione e dell'avvento delle nuove tecnologie. Un vero e proprio mutamento culturale. Alle otto ore in fabbrica, si alternano passioni, interessi come quelli di Gianluca Tomassoli per la musica, raccontata in questo breve articolo apparso nel primo numero de: "La Voce di Melano", houseorgan dello stabilimento della Whirlpool  Emea e dedicato al nostro collega Leonello Spadoni, prematuramente scomparso a gennaio.

di Stefano Balestra

Italiani popolo di santi, navigatori e….musicisti… E anche sotto la tuta blu (anche se oggi non s’indossa più) di Gianluca Tomassoli, “il maestro”, batte la vivacità artistica e musicale. Gianluca alla sua carriera lavorativa incominciata in Merloni, nel lontano 1994, ha alternato parallelamente quella dell’arte della musica. Una storia musicale nata fin da quando era bambino, infatti, all'età di otto anni iniziò a prendere lezioni di pianoforte in una scuola privata. Gli studi continuarono per diversi anni, fino a che all'età di quindici anni si diplomò in Solfeggio e Teoria della musica al Conservatorio "Morlacchi" di Perugia, tanto da essere il più giovane partecipante agli esami. Negli anni seguenti si dilettò a suonare in diversi gruppi rock, ma il bello doveva ancora venire. Dopo alcuni  anni d’inattività nel 2013 comincia il periodo di maggiore soddisfazione musicale. “Il chitarrista Giuseppe Pierotti, mi chiese di sviluppare una composizione musicale ispirata a Gubbio. Essa doveva servire per accompagnare degli scatti fotografici dall'alba al tramonto della nostra città e fu intitolata Ikuvium Essence”. Questo video fu pubblicato su Youtube, e dato il consenso ricevuto, piacevolmente motivato – il nostro Gianluca - riprese l'attività musicale. Nel 2015, nacque una band chiamata Tompiergam, dove Gianluca suona le tastiere e il basso. L'idea vincente è stata quella di realizzare dei video, dieci in tutto, girati in location affascinanti e a tema, pubblicati poi su Youtube. Abbiamo ricevuto anche degli inviti a suonare in locali e rassegne, non solo nel nostro territorio. E anche se la parte più importante per i musicisti di oggi è, essere presenti su Youtube o sui social, con video interessanti, la band non disdegna anche le performance dal vivo. In tanti anni di lavoro, un’esperienza che ricordo con piacere è quando, durante l’integrazione Albacina- Melano , l’azienda mi ha dato la possibilità di fare il “tutor”, ossia aiutare i colleghi ad imparare il nuovo lavoro. Un’esperienza che mi ha molto arricchito interiormente, facendomi conoscere da e tante persone. Musica… per la mia anima ed il mio essere quotidiano.


venerdì 30 marzo 2018

SUL FILO DELLA MEMORIA...

Questo è l'articolo scritto su "La voce di Melano", houseorgan del sito Whirlpool, giunto al suo primo numero, dedicato alla memoria di Leonello Spadoni, prematuramente scomparso a gennaio, per omaggiare Francesco Biocco, che oltre ad essere un collega, è soprattutto un amico, che recentemente è andato in pensione.

di STEFANO BALESTRA
Dicono che la macchina del tempo sia roba da fantascienza, eppure c’è chi l’ha sperimentata veramente… Stiamo parlando di Francesco Biocco, che ha vissuto tutta l’epopea merloniana e oggi Whirlpool, dalla fabbrica “pane e salame” degli anni ’70 a quella 4.0 di oggi, la “model factory”, lanciata verso il futuro. Francesco ha fatto tutta la trafila lavorativa, da operaio alla lana di vetro a capo turno oggi. Se lo ricorda bene il suo primo giorno lavorativo, eccome, era il 6 febbraio 1978, “dovetti essere accompagnato da mio padre perché minorenne e al principio non furono giorni del tutto felici…” “A diciassette anni –ricorda Francesco- per venire a lavorare, da Colle di Campodonico a Melano, dovevo prendere due autobus e farmi accompagnare con la macchina da mio zio, non era facile abituarsi e accettare la fabbrica e pensavo, ma chi resiste qua dentro? Poi invece…” Ha vissuto sulla propria pelle tutte le fasi dello stabilimento, quelle brutte e quelle belle, e le ricorda con lucida memoria e le racconta come un fiume in piena, dalla Melano che si stava espandendo degli anni ’70, alla crisi del 1985 e la paura di perdere il lavoro, la nuova fase esaltante con la crescita, la visita a Melano di due giganti dei nostri tempi, Sandro Pertini prima e Giovanni Paolo II poi, che aveva accolto qualche anno prima i lavoratori Merloni in un’udienza a loro dedicata. Ma come dimenticare l’incendio che “annerì” tutta la fabbrica nel 1991, ma poi rimessa a posto in tempi record, perché come ricorda Francesco: “tutti ci siamo tirati su le maniche per il nostro bene”.
“Ma quando furono portati via i frigoriferi nel 2006, pensai – dice Francesco- questa volta è finita veramente, così come anche nel 2013, ma poi la voglia di fare ci ha fatto vincere tutte queste sfide”. E oggi siamo qui, con l’apoteosi del 2017, quando Francesco, era il 14 febbraio, fu chiamato a tagliare il nastro dell’ideale varo di Melano e i colleghi lo acclamarono, con un coro in stile calcistico, al punto tale da spingere la presidente Esther Berrozpe a chiedergli il perché di tanta “venerazione”. “Sono quaranta anni che lavoro qui – rispose Francesco alla presidente- incredula di tanta longevità lavorativa e dell’aspetto giovanile del suo interlocutore”. “Sono stato orgoglioso e onorato di aver potuto rappresentare tutti i lavoratori di oggi, ma idealmente anche quelli che ho incontrato in tutti questi anni e che mi hanno dato ognuno qualcosa, a cominciare da quelli che quaranta anni fa mi accolsero come un figlio e mi aiutarono a crescere – dice Francesco-, mi sono sempre trovato bene con tutti. Il rapporto umano, quando uscirò, mi mancherà, ho sempre ascoltato tutti e cercato di risolvere i problemi di tutti, ecco perché la gente mi vuole bene, - c’è da credergli e lo confermo perché lo conosco da oltre trenta anni e non pecca di presunzione”. “ Non finirò mai di ringraziare l’azienda che mi ha permesso di realizzarmi come uomo, mettere su famiglia, anche mia moglie ha lavorato con noi, comprare casa, far studiare mia figlia all’università”.
A vedere la serenità con cui Francesco dice queste cose, ti colpisce, ma lui è fatto così, mite, semplice e schietto.
Ma per tutte le cose, anche le più belle, c’è un inizio e una fine, e quando te ne andrai per goderti la tua meritata pensione ci mancherai, ne puoi stare sicuro…. Parola di amico…

sabato 3 marzo 2018

DOMANI AL VOTO TRA PROMESSE MIRABOLANTI E FAKE NEWS


Vabbè la campagna elettorale che si sta per finire, è stata la peggiore o una delle peggiori degli ultimi decenni, dove le forze politiche, sono passate da un iniziale “aboliamo tutto” a un successivo “promettiamo tutto”, all’insegna di chi la spara più grossa, pur di portare a se il maggior numero di consensi. Tanti venditori di fumo e piazzisti elettorali hanno accompagnato queste settimane pre-elettorali. Nel paese di acchiappa citrulli, in parte tutti gioco forza si sono trasformati in generatori automatici di mirabolanti promesse. Un mercato della propaganda destinato a essere dopato e tutti alla ricerca del colpo a effetto, a forza di slogan, per strabiliare l’elettorato, perdendo il senso della realtà e superando anche il confine dell’affidabilità, con ricette il cui effetto, sarebbe quello di pesare sul futuro del nostro paese per i prossimi decenni e sicuramente non in maniera positiva. La verità, come optional in questo mare magnum di fandonie a volte demagogiche, nell’orgia di parole che i candidati hanno profuso a go go nelle ore e ore di talk show televisivi, trascorse il più delle volte ad attaccare e delegittimare l’avversario politico, piuttosto che a spiegare i punti del proprio programma. Ma siamo sicuri che tutto ciò non sia esattamente quello che ci meritiamo? A mio modesto avviso, guardando la campagna elettorale “parallela” condotta su social media e network da “aficionados” di diverse frange politiche, parrebbe proprio di sì. Pochi, pochissimi hanno sostenuto le tesi della propria fazione politica (forse perché non ci credono neanche loro?), preferendo altre strade. Quali? Quelle dell’odio, della delegittimazione dell’avversario a colpi di fake news, alcune delle quali talmente irrealistiche e false, quasi quanto quelle propinate dai leader di riferimento. Questo deserto culturale, ha fatto si che le nostre bacheche dei social, siano state tempestate pressoché quotidianamente da questi odiatori con bufale artatamente create per creare odio nell’avversario politico. Quindi “indignatevi, questa è la sorella o il fratello di….” oppure “gli immigrati prima di…”, o quella, di qualche anno fa del senatore Cirienga (che neanche esiste!). ecc… sono stati condivisi, reetwati in maniera virale senza neanche verificarne l’autenticità o la veridicità, con somma indignazione degli internauti. Oppure vergogna prima gli immigrati e poi gli italiani, nessuno parla dei terremotati… Ogni argomento, dal più serio al più leggero e diverso, utilizzato per creare denigrazione e discredito. Ma d’altronde anche secondo alcuni studi, noi italiani siamo un popolo che non legge, non sa, non ascolta attentamente telegiornali e radio, non s’informa e orecchiando qua e la, si costruisce le proprie ferree opinioni sulla bolla di sapone del sentito dire. Con il risultato che la realtà vera è quella percepita, magari dal barbiere, al bar o dagli ospiti degli affollatissimi talk show televisivi. Siamo dei creduloni onniscienti, che nella civiltà dell’informazione a 360° sappiamo sempre di più, ma capiamo sempre di meno. Ma domani sarà l’ora ics, quella della verità forse, a patto di non dover rispolverare il motto: “si stava meglio quando si stava peggio”… Buone elezioni a tutti…

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